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OCSE: in Italia si lavora di più, ma si produce meno

Gli ultimi dati diffusi dall’OCSE, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, dicono che in Italia lavoriamo in media 33 ore ogni settimana, 3 in più rispetto alla media degli altri paesi europei. La situazione è tuttavia molto diversa se si analizzano produttività e potere d’acquisto, scopriamo perché.

Quante ore si lavora in Europa?

Fatta eccezione per Grecia e Lettonia, nessun Paese dell’area euro lavora più dell’Italia. Il paragone sorprende soprattutto rispetto alla Germania, dove le ore sono 26, quindi 7 in meno di quelle italiane. Cosa vuol dire? Che ogni settimana lavoriamo quasi un giorno in più dei tedeschi. Tra le nazioni più stakanoviste, quelle in cui si lavorano mediamente più di 30 settimanali, troviamo anche Irlanda, Portogallo, Slovacchia, Spagna e Lituania. L’orario di lavoro è invece ridotto a 26 ore a settimana in Olanda, a 29 ore in Austria, Francia e Lussemburgo, mentre Belgio e Finlandia risultano pienamente in media, con 30 ore esatte a settimana.

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Il dibattito sull’orario di lavoro è stato recentemente ripreso anche da Pasquale Tridico, economista e presidente dell’Inps. Secondo il dirigente dell’istituto previdenziale, una riduzione delle ore lavorative, senza abbassare i salari, aiuterebbe a ridistribuire più equamente la ricchezza, aumentando al tempo stesso i livelli di occupazione. Il maggior numero di ore lavorate non corrisponde infatti a un aumento della produttività o del potere d’acquisto, che sono sempre più bassi nel nostro Paese.

Italia: maglia nera per produttività

A dispetto dell’alto numero di ore lavorate, l’Italia è maglia nera sul fronte della produttività, che viene misurata come Pil per ora di lavoro. Tra il 2016 e il 2016 l’OCSE ha registrato un calo annuo dello 0,14%, superato in area euro solo dalla Grecia, ultima con l’1,09%. Tra le nazioni più virtuose nell’intervallo di tempo considerato troviamo Irlanda (+6,12%), Lettonia (2,73%), Slovacchia (+2,12%), Lituania (+2,03%) ed Estonia (+1,34%), seguite dalla Germania, che vanta un +0,4%, oltre a un aumento degli stipendi reali dell’11%.

Anche sul versante degli stipendi la situazione italiana è tutt’altro che rosea. In base ai dati diffusi dall ETUC – European Trade Union Confederation, l’istituto dei sindacati europei, il nostro potere d’acquisto è infatti calato dell’1% negli ultimi 10 anni.

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