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Occupazione e titoli di studio: quanto conta l’istruzione in Italia?

Occupazione e titoli di studio: quanto conta l'istruzione in Italia

Secondo le statistiche degli istituti internazionali, l’Italia sarebbe tra gli ultimi paesi dell’Unione Europea per numero di laureati in rapporto alla popolazione. Ciò non significa tuttavia che possedere una laurea non sia vantaggioso: sebbene la recente crisi economica abbia avuto un forte impatto in ambito occupazionale, la maggior parte dei laureati italiani ha comunque maggiori possibilità di trovare un impiego.

La laurea serve davvero?

Come confermato dall’ISTAT, la differenza espressa in percentuale tra le chance occupazionali di un diplomato e di un laureato in Italia corrisponde al 14%, un dato che conferma l’utilità del certificato accademico.
Questo “gap” tende ad assottigliarsi se si analizza nello specifico la fascia dei giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni. Ma una volta superati i 35 anni sembra che la laurea assuma un peso specifico maggiore, con le probabilità di ottenere un lavoro in graduale aumento.

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I dati ci dicono che all’inizio del nuovo millennio non si registrava una grande differenza tra giovani diplomati e laureati per quel che riguarda le possibilità lavorative, un dato che si era ridimensionato tuttavia gli anni successivi.

Sebbene il tasso occupazionale dei laureati sia maggiore nelle regioni settentrionali rispetto a quelle del Mezzogiorno, un titolo accademico aiuta sempre ad ottenere gli impieghi migliori, in qualsiasi area del territorio nazionale.

L’istruzione è un investimento

Ottenere una laurea, in Italia così come in altri Paesi, accresce il bagaglio culturale ma soprattutto contribuisce a trovare lavoro. Per questo è da considerarsi come un vero e proprio investimento, che come tale deve essere programmato strategicamente.

È vero che alcune aziende potrebbero preferire candidati meno qualificati (perché meno “cari”), ma un giovane in possesso di una laurea è sempre appetibile per le imprese. Stesso discorso per chi ha completato gli studi in un’area che presenta un’offerta di posti superiore alla domanda.

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Ma anche quando il mondo del lavoro non dovesse avere un’offerta in linea con quello che si desidera fare, è sempre possibile mettere in pratica le nozioni apprese durante il cammino universitario e reinventarsi, dando vita a nuove professioni e iniziative, magari sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie.

Va tuttavia precisato che in Italia investire sulla propria formazione paga in maniera inferiore rispetto all’estero: i salari dei laureati italiani non raggiungono infatti quelli della media europea. Dato che dimostrerebbe come nel nostro Paese esistano ancora delle resistenze relative alla valorizzazione della competenza in ambito professionale.

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